Museo Galileo
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Museo Virtuale
Modello dell'applicazione del pendolo all'orologio
    • Collocazione:
      Sala V
    • Ideatore:
      Galileo Galilei
    • Costruttore:
      Eustachio Porcellotti
    • Data:
      1860
    • Materiali:
      ferro, ottone
    • Dimensioni:
      160x350 mm
    • Inventario:
      3450
    • Modello dell'applicazione del pendolo all'orologio (Inv. 3450)

Il modello di applicazione del pendolo all'orologio ripropone l'idea sviluppata da Galileo fin dal 1637. Il telaio è di ferro e i ruotismi di ottone. Il treno è costituito da due ruote e da due pignoni. Lo scappamento si compone di una ruota che ha 12 denti lungo l'orlo e 12 pioli posti trasversalmente lungo l'orlo stesso; da una leva di ritegno assistita da una sottile molla; da due lunghe palette arcuate, con curvatura verso l'alto, solidali al pendolo nel punto in cui esso è imperniato, quella superiore per lo svincolo e quella inferiore per ricevere l'impulso. Al termine di ogni oscillazione la paletta superiore incontra la leva di ritegno e la solleva liberando la ruota di scappamento. Questa, girando, incontra la paletta inferiore e la sospinge verso il basso impartendo l'impulso necessario a tenere il pendolo in moto. La paletta d'impulso, sospinta verso il basso, determina il simultaneo abbassamento della paletta superiore, che quindi lascia cadere la leva di ritegno che blocca la ruota. Il pendolo percorre liberamente il resto del suo arco, finché ritorna all'estremità opposta, sollevando la leva di ritegno, svincolando la ruota e dando così inizio a un nuovo ciclo. Svincolo e impulso avvengono in rapida successione alla fine di ogni oscillazione completa. Nel 1855 fu rinvenuto uno dei disegni (inv. 2433) eseguito da Vincenzo Viviani e da Vincenzo Galilei, figlio di Galileo, per illustrare la prima applicazione del pendolo all'orologio secondo l'invenzione dello scienziato pisano. La scoperta stimolò la costruzione di innumerevoli modelli. Quello in oggetto, realizzato nel 1879 da Eustachio Porcellotti, fu uno dei primi (il Museo conserva un altro esemplare del medesimo artefice, di due anni precedente).