Museo Galileo
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Museo Virtuale
Strumento topografico
    • Collocazione:
      Sala VI
    • Costruttore:
      Baldassarre Lanci
    • Luogo:
      Fattura italiana
    • Data:
      1557
    • Materiali:
      ottone dorato
    • Dimensioni:
      diametro 300 mm, altezza su cavalletto 1390 mm
    • Inventario:
      152, 3165
    • Strumento topografico (Inv. 152, 3165)
    • Strumento topografico (Inv. 152, 3165)

Questo strumento topografico, proveniente dalle collezioni medicee, è formato da una lastra circolare che porta lungo la circonferenza un'iscrizione latina che ne spiega l'utilizzo "per operazioni di Geografia, Corografia e Cartografia". Le operazioni dello strumento sono finemente illustrate in un'incisione che occupa la metà superiore della lastra, dove si vedono alcuni misuratori al lavoro in un contesto paesaggistico. La metà inferiore della lastra è invece occupata dal quadrato delle ombre e da una semi rosa dei venti con scala dei gradi e planisfero geografico. Il tutto è contenuto in un quadrato inscritto alla circonferenza della lastra, diviso in 200 parti per lato. Sopra il lato superiore di questo quadrato è riportata la sigla dell'autore "BL" (Baldassarre Lanci), il cui nome per esteso insieme con la data (1557) si trova su un blocco rettangolare montato alla base del quadrato. Questo elemento presenta una parte inferiore fissa che porta all'estremità destra un braccio pieghevole con traguardi diviso in 400 parti, e una parte superiore scorrevole che porta all'estremità sinistra un braccio pieghevole uguale al precedente. Sotto il listello si trovava una piccola bussola della quale oggi rimane solo l'alloggiamento. Al centro della lastra è imperniata una colonnina girevole che porta uno spillone scorrevole sormontato da un visore a tubetto orientabile anche sul piano verticale.

Lo strumento serviva a misurare le distanze e le altezze, a compiere rilievi topografici e, grazie all'elemento centrale, ad eseguire disegni in prospettiva. I disegni venivano eseguiti su una tavoletta curva (oggi mancante) alloggiata nei tre fori visibili lungo la circonferenza del disco. Per quest'ultima operazione, lo strumento è ricordato da Daniele Barbaro ne La pratica della perspettiva (Venezia, 1569) e da Egnazio Danti nel suo commento a Le due regole della prospettiva (Roma, 1583) di Jacopo Barozzi da Vignola.