Figlio di un medico del re di Macedonia, nel 367 a. C. entrò nell'Accademia di Platone ad Atene, rimanendovi fino alla morte del maestro, avvenuta nel 347. Dopo aver svolto le funzioni di precettore del futuro re macedone Alessandro Magno, si stabilì ad Atene, dove fondò, nel 335, una celebre scuola, nota sotto il nome di "Liceo" o "Scuola peripatetica".
Fu autore di opere fondamentali in diversi campi del sapere: Organon (scritti di logica), Metafisica, Fisica, Sull'anima, Etica nicomachea, Economica, Politica, Poetica, Retorica. Di fatto, il pensiero aristotelico ha un carattere enciclopedico, investendo pressoché tutti i domini della conoscenza, in modo organico e coerente, a partire da alcuni fondamentali principi di carattere filosofico quali la dottrina delle quattro cause, la dialettica tra potenza e atto, e la distinzione tra materia e forma.
La "fisica" di Aristotele fa soprattutto leva su un'analisi qualitativa dei fenomeni naturali, ordinariamente senza ricorso a metodi matematici. Nella cosmologia aristotelica la Terra - regno della corruzione - era posta al centro dell'universo e composta dai quattro elementi: terra, acqua, aria e fuoco, che si muovono naturalmente di moto rettilineo verso l'alto o verso il basso. Al contrario, i moti dei corpi celesti (Sole, Pianeti e Stelle, composti di materia perfetta e incorruttibile) erano uniformi e circolari. Per spiegare il moto indipendente dei pianeti, Aristotele immaginò che essi ruotassero su sfere concentriche. Depurata nel XIII e XIV secolo, soprattutto da Tommaso d'Aquino (c. 1225-1274), dalle concezioni incompatibili con la fede cristiana (eternità del mondo, materialità dell'anima, ecc.), la fisica di Aristotele divenne il fondamento dell'istruzione universitaria, rimanendo sostanzialmente incontrastata fino all'affermazione della nuova scienza matematica e sperimentale.
Tra le teorie fisiche aristoteliche, un ruolo notevole è giocato dalla dottrina che disconosce qualunque realtà al vuoto. Secondo Aristotele uno spazio vuoto non è altro che una contraddizione in termini, essendo lo spazio (o meglio il "luogo", topos, in greco) nient'altro che il limite dei corpi, per cui non può darsi uno spazio (luogo) se non in presenza di corpi. Nel IV libro della Fisica, in particolare, Aristotele procede a mettere in evidenza i paradossi che, sulla base di questa definizione, scaturirebbero dalla ammissione dell'esistenza effettiva di un vuoto.