Nato a Messina, le prime notizie sulla sua vita risalgono al 1630 circa, quando lo troviamo a Roma, allievo di Benedetto Castelli (1577/8-1643). Fu proprio il Castelli - pare - a fare il nome del Borelli all'Università di Messina per una cattedra vacante di matematica. Tra il 1641 e il 1642 il Senato di Messina, in segno di particolare apprezzamento dell'attività scientifica svolta, lo inviò in viaggio nei maggiori centri italiani, allo scopo di reclutare docenti per l'università. Negli anni immediatamente successivi, oltre a pubblicare l'opuscolo Delle cagioni de le febbri maligna (Roma, 1649), iniziò a lavorare ad un compendio dei quattro libri superstiti dei Conici di Apollonio (seconda metà III sec. a.C.), che avrebbe pubblicato molti anni più tardi (Roma, 1679). Aveva già intrapreso la revisione degli Elementi di Euclide (sec. IV a.C.) - che stampò nel 1658 col titolo Euclides restitus - quando gli giunse l'offerta della cattedra di matematica all'Università di Pisa, prontamente accettata. Nei dieci anni trascorsi in Toscana il Borelli costituì uno dei punti di riferimento di tutta l'attività scientifico-sperimentale organizzata dal Principe Leopoldo de' Medici (1617-1675). Non vi fu praticamente esperimento dell'Accademia del Cimento che non recasse il suo apporto, pur trovandosi spesso in contrasto con Carlo Renaldini (1615-1679), che Borelli definiva il "Simplicio" del Cimento. Ma il contributo più importante dato dal Borelli durante il soggiorno toscano fu senza dubbio il lavoro compiuto sui satelliti di Giove, le Theoricae Mediceorum Planetarum ex causis physicis deductae (Firenze, 1666), un'opera destinata ad inserirsi efficacemente nelle discussioni cosmologiche europee. In un quadro di riferimento dichiaratamente copernicano, il Borelli giunse ad ipotizzare un moto planetario curvilineo animato da due forze: quella centrifuga e quella di attrazione solare, la cui composizione permetterebbe l'equilibrio nell'etere. Nel 1667 il Borelli si congedò dai Medici e tornò a Messina; nello stesso anno faceva stampare a Bologna il De vi percussionis, che raccoglieva, ampliandole, le ricerche fisiche effettuate nell'Accademia del Cimento. In seguito alla ribellione antispagnola che si verificò a Messina nel 1670, il Borelli, il cui ruolo nella vicenda non è stato ancora ben chiarito, fu costretto a lasciare l'isola e trasferirsi prima in Calabria, poi a Roma, dove divenne, tra l'altro, uno dei membri dell'Accademia fondata dalla Regina Cristina di Svezia (1626-1689). Le condizioni finanziarie sempre più precarie lo costrinsero nel 1677 ad accettare l'ospitalità dei Padri Scolopi. Visse gli ultimi anni dando lezioni di matematica ad alcuni novizi dell'Ordine e ultimando quello che è considerato il suo capolavoro, il De motu animalium (Roma, 1680-1681). Si tratta di un trattato di fisiologia meccanicista interamente basato sul carattere corpuscolare della materia; esso rappresenta il tentativo di estensione all'ambito biologico dello stile rigoroso di analisi geometrica utilizzato da Galileo (1564-1642) in ambito meccanico.