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Leggi di Keplero
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Keplero, che sin da giovane aderì al copernicanesimo, si sforzò di individuare la regola armonica che riteneva utilizzata da Dio nella creazione del Cosmo. Nel Mysterium Cosmographicum avanzò l'ipotesi, poi abbandonata, che le dimensioni delle sfere dei sei pianeti allora conosciuti fossero in relazione con i cinque solidi regolari. Il raggio di ciascuna sfera planetaria era determinato dal suo essere esattamente contenuta fra due solidi successivi.

In seguito Keplero divenne assistente di Tycho Brahe, del quale ereditò le accuratissime osservazioni celesti. Utilizzando i dati di Tycho, Keplero cercò di risolvere l'arduo problema della determinazione dell'orbita di Marte. Dopo molteplici tentativi, egli si rese conto della necessità di abbandonare la tesi della circolarità delle orbite planetarie: l'orbita descritta da ciascun pianeta era infatti un'ellisse della quale il Sole occupava uno dei fuochi. Keplero stabilì così quella che è oggi conosciuta come la sua Prima Legge.

Keplero aveva precedentemente trovato che i pianeti si muovono lungo le loro orbite con moti non uniformi, in maniera tale che il segmento che li unisce al Sole spazza aree uguali in tempi uguali. Questo principio, oggi noto come Seconda Legge di Keplero, implica che i pianeti procedono più velocemente in prossimità del Sole e più lentamente quando ne sono lontani. In questo modo Keplero infranse un altro antico dogma: quello del moto uniforme dei pianeti.

Keplero definì inoltre una Terza Legge che stabiliva, per una qualunque coppia di pianeti, la proporzionalità tra i quadrati dei periodi di rivoluzione e i cubi dei semiassi maggiori delle loro orbite. Keplero chiariva così la precisa proporzione che regola la progressiva diminuzione di velocità orbitale dei pianeti, procedendo dai più interni verso i più esterni.

Keplero cercò di fondare le tre leggi su una spiegazione di natura fisica. Ipotizzò che il Sole fosse un magnete capace di esercitare sui pianeti una forza motrice di intensità variabile con la distanza. Poiché anche i pianeti venivano concepiti da Keplero come magneti orientati sempre verso la stessa direzione, in una parte dell'orbita, essendo attratti dal Sole, essi tendevano ad accelerare e ad avvicinarvisi, mentre nell'altra, venendone respinti, se ne allontanavano diminuendo la velocità.