Rappresentare su un piano la superficie di un poliedro non presenta difficoltà, mentre è impossibile distendere allo stesso modo la superficie di una sfera.
Per questo motivo, fin dall'antichità gli astronomi rappresentarono il cielo stellato o per mezzo di globi, che riproducevano le costellazioni direttamente su una sfera, o per mezzo di metodi proiettivi.
Nella cosiddetta proiezione stereografica si assume come piano di proiezione quello passante per l'equatore celeste e come punto di proiezione il polo sud celeste.
Il punto nel quale la retta tracciata dal polo sud alla stella interseca il piano rappresenta la proiezione della stella stessa.
Le proiezioni delle stelle dell'emisfero boreale cadono tutte all'interno dell'equatore celeste, mentre le proiezioni delle stelle dell'emisfero australe cadono tutte al di fuori di esso. Più le stelle sono prossime al polo sud, più le loro proiezioni si allontanano dall'equatore celeste, e perciò si limitava solitamente la rappresentazione al tropico del capricorno.
Nella proiezione stereografica tutti i cerchi della sfera rimangono tali sul piano di proiezione, anche quelli non paralleli all'equatore come l'eclittica.
La proiezione stereografica fu largamente impiegata nella costruzione dell'astrolabio piano: la rete dello strumento riporta le proiezioni di alcune stelle luminose; il suo timpano riporta invece le proiezioni dei principali cerchi celesti.
Inv. 1095
Charles Whitwell, Fattura inglese, 1595
Inv. 660, 1092
Costruttore sconosciuto, Fattura toscana?, sec. XVII