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Approfondimento
Sistemi astronomici

Principali sistemi astronomici:

Sistema di Eudosso

A Eudosso di Cnido (prima metà IV sec. a.C.), uno dei massimi matematici dell'antichità, si deve la prima teoria geometrica dei moti celesti, fino allora descritti da modelli esclusivamente aritmetici quali quelli in uso presso i Babilonesi. Quello di Eudosso, come la quasi totalità dei sistemi cosmologici antichi, è un sistema geocentrico-geostatico, che assume cioè la Terra immobile al centro dell'universo. Oltre che sulla circolarità e uniformità dei moti celesti – assiomi che, sebbene quest'ultimo risulti salvaguardato solo formalmente già in Tolomeo (metà II sec. d.C.), caratterizzeranno tutta la cosmologia antica e medievale fino a Copernico (1473-1543) – il sistema si fonda sulla loro concentricità alla Terra. Esso prevede infatti, per ciascun pianeta, un certo numero di sfere concentriche "annidate" l'una nell'altra, motivo per il quale divenne noto, molti secoli dopo, come sistema delle sfere omocentriche. Il trattato Sulle velocità nel quale Eudosso lo espose è, come del resto tutti i suoi scritti, andato perduto; ne conosciamo tuttavia i tratti salienti grazie all'esposizione di autori posteriori.

Ai due luminari, cioè il Sole e la Luna, il cui moto non presenta mai né stazioni né retrogradazioni, Eudosso attribuisce tre sfere ciascuno. Di queste, la più esterna, ruotando in 24 ore da est ad ovest sull'asse polare, spiega il sorgere e il tramontare quotidiano dell'astro. La sfera più interna, sul cui equatore è "incastonato" l'astro, ruota in un anno per il Sole, e in un mese sinodico (periodo che intercorre tra due noviluni) per la Luna, e rappresenta perciò il moto dell'astro lungo lo zodiaco. Eudosso considera quindi uniformi i moti zodiacali non solo della Luna, ma anche del Sole, sebbene, attorno al 430 a.C., gli astronomi ateniesi Metone e Euctemone ne avessero evidenziato la non uniformità scoprendo la diversa durata delle stagioni. La sfera intermedia spiega infine, nel caso della Luna, l'avanzamento dei nodi, e probabilmente, nel caso del Sole, un presunto ma inesistente fenomeno di moto in latitudine.

Per i restanti cinque pianeti, caratterizzati da periodi relativamente brevi di moto retrogrado, cioè verso ovest (la cosiddetta seconda anomalia), il modello prevede quattro sfere ciascuno. Le due più esterne rendono ragione, come nel caso del Sole e della Luna, del moto diurno e del moto zodiacale (anche in questo caso considerato uniforme). Le due sfere più interne si muovono invece con uguale velocità ma in versi opposti, in modo tale che il pianeta, che si trova sull'equatore della sfera più interna, sia animato di un moto di va e vieni lungo una curva chiusa a forma di "otto" che Eudosso chiamava, dal nome di un esercizio equestre, ippòpeda (oggi questo tipo di curva è detta lemniscata, cioè a "forma di fiocco"; più esattamente, nel caso in questione, si tratta di una lemniscata sferica giacendo essa sulla superficie di una sfera). Il pianeta – la cui velocità lungo l'ippòpeda non è uniforme, ma aumenta in prossimità del suo nodo centrale – si muove quindi nello stesso verso (da ovest a est) della sfera del moto zodiacale quando percorre una metà della curva; in senso opposto quando ne percorre l'altra metà. Su quest'ultima vi è un punto in cui, per l'osservatore terrestre, la velocità del pianeta eguaglia quella della sfera del moto medio, e il pianeta apparirà muoversi per un certo intervallo verso ovest (moto retrogrado). Per Mercurio e Venere il centro dell'ippòpeda si manteneva sempre centrato sul Sole, rendendo così conto del fatto che questi due pianeti non si allontanano mai dal Sole oltre una certo valore angolare.

Callippo di Cizico, di una generazione più giovane, perfezionò il sistema di Eudosso introducendo sette ulteriori sfere: due per il Sole e due per la Luna per rendere ragione dell'anomalia ellittica, e una ciascuno per Mercurio, Venere e Marte, in modo tale da permettere la loro retrogradazione senza assumere valori delle velocità di rotazione delle sfere inconciliabili con i dati dell'osservazione.

Non è dato sapere se Eudosso ritenesse le sfere del suo sistema fisicamente esistenti o solo un espediente matematico per calcolare le posizioni planetarie. Certo è che Aristotele (384-322 a.C.) adottò il sistema di Eudosso-Callippo, introducendovi altre 22 sfere (per un totale di 55!), con velocità e sensi di rotazione opportunamente scelti allo scopo di annullare di volta in volta il moto del pianeta sovrastante, unificando così i singoli modelli planetari in un unico grande meccanismo nel quale, in accordo ai principi della sua fisica, il moto si propagava dalla periferia verso il centro.

Nonostante l'autorevole avallo di Aristotele e sebbene il concetto di sfera cristallina non sarà più abbandonato fino alla fine del XVI secolo, l'elegante sistema di Eudosso – incapace di rendere conto di alcuni evidenti fenomeni osservativi quali ad esempio l'aumento di luminosità dei pianeti in prossimità dell'opposizione, o il fatto che nei pianeti inferiori il tempo che intercorre tra l'elongazione occidentale e quella orientale è assai più lungo di quello che intercorre tra l'elongazione orientale e quella occidentale – venne ben presto soppiantato dalla teoria epiciclica.

Sistema di Tolomeo

Il sistema geocentrico fu delineato da Eudosso (prima metà IV sec. a.C.), che concepì l'universo come un complesso di sfere solide concentriche (ognuna delle quali trasportava un pianeta) ruotanti l'una sull'altra con moto uniforme. Aristotele (384-322 a.C.) ne favorì la definitiva affermazione. Egli stabilì che l'universo era diviso in due zone nettamente distinte: il mondo sopralunare, caratterizzato da sfere cristalline di assoluta perfezione, e il mondo sublunare, teatro del perenne mutamento dei quattro elementi (terra, acqua, aria, fuoco). Tolomeo, nel II secolo d.C., elaborò questa cosmologia mediante una complessa struttura matematica. Il sistema sviluppato da Tolomeo fu accolto quasi universalmente fino alla fine del Cinquecento. Per far corrispondere l'ipotesi astronomica ai dati dell'osservazione, Tolomeo fece ricorso a soluzioni geometriche ingegnose (epicicli, equante, ecc.), che resero estremamente complessa la struttura del suo sistema. Secondo l'ipotesi tolemaica, la Terra è immobile al centro dell'universo. Intorno ad essa, in orbite circolari via via maggiori, procedono, tutti con moto costantemente uniforme, la Luna, Mercurio, Venere, il Sole, Marte, Giove e Saturno. Le sfere dei pianeti sono circondate dal cielo delle stelle fisse, che ruota grazie all'impulso del Primo Mobile (il nono cielo, velocissimo e privo di stelle).

Sistema di Copernico

In contrapposizione al sistema aristotelico-tolemaico, questo sistema pone il Sole al centro dell'universo, facendone il centro dei moti di rivoluzione dei pianeti, che procedono tutti con velocità costante. Sostenuto da autorevoli astronomi del mondo antico, come Aristarco e Ipparco (III-II secolo a.C.), il sistema eliocentrico fu riproposto da Copernico (1473-1543), alla metà del XVI secolo. Poté tuttavia definitivamente imporsi solo dopo un lungo e serrato confronto con gli irriducibili sostenitori dell'ipotesi geocentrica. Il sistema copernicano rovescia la struttura dell'universo prevista da quello tolemaico, senza tuttavia semplificarne la complessa articolazione geometrica. Copernico mantenne inoltre le sfere solide cristalline e la divisione dell'universo in due zone distinte: il mondo sopralunare (mondo della perfezione) e il mondo sublunare, teatro del perenne cambiamento. Secondo il sistema copernicano, il Sole è in posizione centrale; attorno ad esso orbitano Mercurio, Venere, Terra (attorno alla quale orbita la Luna), Marte, Giove, Saturno. Le sfere dei vari pianeti allora conosciuti sono racchiuse, per Copernico, da quella, immobile, delle stelle fisse.

Sistema di Tycho Brahe

Tycho Brahe realizzò a Hveen il grande osservatorio astronomico di Uraniborg dal quale osservò il cielo con imponenti strumenti per più di 20 anni. Tycho era convinto dell'assoluta immobilità della Terra, come dimostra il fatto che una pietra lasciata dalla sommità di una torre cade alla sua base. Se la Terra ruotasse sul proprio asse la pietra avrebbe dovuto cadere a ovest della torre. Tuttavia Tycho rifiutò il sistema di Tolomeo, nel quale fenomeni come le comete erano ritenuti interni all'atmosfera della Terra. Nel 1572 comparve una stella nova nella costellazione di Cassiopea e Tycho cercò di misurarne la distanza mediante triangolazione. L'esiguità dell'angolo trovato provò che la nova si trovava molto oltre la Luna. Con lo stesso metodo Tycho dimostrò che anche la cometa del 1577 si muoveva oltre il cielo della Luna, lungo un'orbita circolare attorno al Sole, con moto non uniforme. Tycho esaminò il percorso annuo del Sole e lo considerò in moto uniforme lungo una circonferenza eccentrica alla Terra. Per il corso mensile della Luna concepì invece un modello formato da cinque cerchi ruotanti uniformemente; con esso ne definì la posizione rispetto al Sole e alle stelle con precisione mai raggiunta prima. Nel 1582, grazie a nuove triangolazioni, Tycho affermò che Marte in opposizione al Sole era più vicino alla Terra del Sole stesso. Ne concluse che anche Marte ruotava intorno al Sole. Ma poiché l'orbita del pianeta intersecava quella del Sole, Tycho stabilì che Marte non poteva essere collocato su una sfera cristallina solida. Egli eliminò, dunque, le sfere celesti della tradizione aristotelico-tolemaica, affermando la fluidità dei cieli. Tycho estese il moto circumsolare di Marte agli altri pianeti. Sotto la sfera delle stelle fisse, anche Mercurio, Venere, Giove e Saturno ruotavano attorno al Sole che, nel contempo, li trascinava con sé attorno alla Terra immobile.