Era nota agli antichi la proprietà che hanno alcuni corpi (come l'ambra) di attirare corpi leggeri quando siano strofinati. Soltanto alla fine del XVI secolo l'inglese William Gilbert (1544-1603) formulò in maniera più precisa il concetto di stato elettrico, chiamando effetti elettrici i fenomeni attrattivi determinati, oltre che dall'ambra, anche da altre sostanze, come vetro, resine, zolfo, ecc. Il termine elettricità, coniato da Gilbert, deriva dal nome greco dell'ambra: elektron.
Teoria formulata dall'abate Luigi Galvani (1737-1798), il quale scoprì che il muscolo di una rana si contraeva quando veniva toccato con un arco metallico, avente un'estremità di rame ed una di ferro. Galvani ipotizzò che gli animali dovessero possedere nel loro organismo una specifica elettricità indipendente da qualsiasi influenza esterna. Questa teoria fu definitivamente accantonata dopo l'invenzione della pila da parte di Alessandro Volta (1745-1827).
Parte dell'elettrologia che studia i fenomeni relativi alle cariche elettriche in quiete. I fenomeni delle cariche in movimento, che producono correnti, sono invece studiate dall'elettrodinamica.
Parte dell'elettrologia che studia i legami fra i fenomeni elettrici e quelli relativi al magnetismo.
La dimostrazione dell'influenza del magnetismo sull'elettricità fu effettuata nella prima volta da Hans Christian Oersted (1777-1851), che scoprì come una corrente elettrica sia in grado di agire sulla posizione di un ago magnetico. Ogni corrente produce infatti un campo magnetico.
André-Marie Ampère (1775-1836) propose una teoria secondo la quale una barra magnetizzata è tale per la presenza al suo interno di microscopiche correnti elettriche molecolari.