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Approfondimento
Astrolabio
Astrolabio

Dal III secolo a.C. fino ad oggi con il termine astrolabio (in greco astrolábon, da astron + lambánō = che prende/comprende le stelle) sono stati chiamati strumenti spesso molto diversi tra loro. Si va dai grandi strumenti armillari adibiti a rilevare le posizioni degli astri, come l'astrolabio armillare di Claudio Tolomeo (II sec. d.C.), agli strumenti di modeste o piccole dimensioni utilizzati nel calcolo astronomico o in marineria: l'astrolabio piano, l'astrolabio universale, l'astrolabio universale Rojas, l'astrolabio nautico.

Astrolabio piano o planisferico
Astrolabio piano o planisferico

L'astrolabio piano è il più importante e versatile strumento realizzato nell'antichità per eseguire analogicamente calcoli astronomici altrimenti lunghi e complessi. Alcuni ne attribuiscono l'invenzione a Ipparco di Nicea (II sec. a.C.), che conosceva la proiezione stereografica usata per realizzarlo. Tuttavia, nel Commento contro i fenomeni di Arato e Eudosso, Ipparco usò la proiezione per costruire un orologio anaforico che, sebbene simile, non è un astrolabio piano. Tre secoli dopo Tolomeo espose la proiezione stereografica nel Planisfero, dove accennò a uno strumento oroscopico munito di rete: forse un vero astrolabio piano. Con sicurezza lo strumento era noto a Teone d'Alessandria (IV sec. d.C.) che gli dedicò un trattato tramandato da Giovanni Filopono (VI sec. d.C.) e da Severo Sêbôkht (VII sec. d.C.).

Da Alessandria d'Egitto, lo strumento passò a Bisanzio e nell'Islam. Qui fu sviluppato in tutte le possibili varianti: dall'oggetto in legno utilizzato dall'astronomo della moschea per fissare la direzione della Mecca e le ore della preghiera tramite l'altezza del Sole e delle stelle, agli strumenti di raffinata fattura, in argento e gemme preziose, destinati alle collezioni principesche. Il dominio islamico in Spagna e in Sicilia, nonché le numerose traduzioni di testi arabi compiute nel XII secolo – fra cui quella del trattato sull'astrolabio piano dell'astronomo d'origine ebraica Mâshâllâh (m. c. 815) –, diffusero in Europa, già dal X secolo, la conoscenza dello strumento, che v'incontrò un'indiscussa fortuna.

Solo nel XVII secolo, con la costruzione d'orologi meccanici accurati e l'elaborazione di nuovi metodi di calcolo, lo strumento divenne obsoleto, senza con ciò cadere in oblio. Anche oggi si vendono astrolabi di celluloide che consentono ai principianti d'individuare stelle e costellazioni.

Astrolabio universale

Un timpano d'astrolabio piano reca in proiezione stereografica polare la griglia delle coordinate altazimutali dell'osservatore. Poiché la distanza fra lo zenit e il polo celeste dipende dalla latitudine geografica, l'intera griglia va ridisegnata non appena ci si sposta di qualche grado a nord o a sud. Un singolo astrolabio piano deve essere quindi corredato di tanti timpani quanti sono i luoghi di diversa latitudine in cui si prevede di usarlo.

L'inconveniente fu eliminato a Toledo introducendo due nuovi tipi d'astrolabio basati su una proiezione stereografica equinoziale anziché polare. Presi come punto e piano di proiezione rispettivamente un equinozio e il piano del coluro solstiziale, l'equatore celeste e l'orizzonte del luogo si trasformano in diametri dello strumento. I poli celesti, nonché lo zenit e il nadir, costituiscono due coppie di punti diametralmente opposti giacenti sul margine circolare dello strumento. Quando l'osservatore si sposta, invece di cambiare timpano, reimposta la distanza fra lo zenit e il polo celeste ruotando la rete rispetto alla madre.

Un primo tipo d'astrolabio universale, dovuto a 'Alî ibn Khalaf al-Shakkâz (XI sec.), rimase quasi ignoto e venne reinventato ad Aleppo da Ibn al-Sarrâj (XIV sec.). La madre reca le coordinate altazimutali del luogo, mentre la rete contiene in una metà la griglia delle coordinate equatoriali, nell'altra metà alcuni indicatori di stelle. Per comodità di calcolo l'eclittica è ruotata di 90° attorno all'asse celeste e appare in forma di due archi graduati.

Un secondo tipo d'astrolabio universale, detto "açafeha" o "saphaea Arzachelis" (= lastra di al-Zarqâlî), dovuto appunto all'astronomo Abû Ibrâhîm ibn Yahyâ al-Zarqâlî (c. 1029 - c. 1087), ebbe più fortuna. Conosciuto a Il Cairo e a Damasco, fu ripreso in Europa da Reiner Gemma Frisius (1508-1555) nel De astrolabio catholico (1556). La madre reca la griglia delle coordinate equatoriali e, come diametro inclinato rispetto all'equatore celeste, l'eclittica. La rete è sostituita da un'alidada graduata dotata di un cursore perpendicolare graduato.

Astrolabio universale Rojas
Astrolabio universale Rojas

Gli astrolabi universali sono nella prassi poco pratici e versatili. Così, se da un lato ne sono rimasti rari reperti, dall'altro le varie tipologie in cui rientrano testimoniano il continuo sforzo dei loro costruttori per emulare con essi i pregi dell'astrolabio piano.

Quando scrisse l'Analemma, Tolomeo espose anche il principio costruttivo di una proiezione diversa dalla stereografica. L'astronomo islamico Abû al-Raihân al-Bîrûnî (973- c.1050) la rielaborò e la battezzò "cilindrica". Assunto come piano di proiezione quello del coluro solstiziale, ciascun punto della sfera celeste vi viene calato ortogonalmente, cioè facendolo scorrere lungo la propria perpendicolare al piano di proiezione. Non a caso la proiezione "cilindrica" di al-Bîrûnî è oggi nota come proiezione ortografica equinoziale.

Nell'Europa della seconda metà del XV secolo la nuova proiezione fu impiegata, in luogo della proiezione stereografica equinoziale, per costruire la madre di diversi astrolabi universali. Per effetto della proiezione, i paralleli e i meridiani celesti divengono rispettivamente segmenti paralleli all'equatore celeste e archi d'ellisse passanti per i poli celesti. L'eclittica appare come un segmento obliquo che interseca l'equatore celeste nell'equinozio, situato esattamente al centro della madre.

Nel sesto libro del suo Commentarium de astrolabium (1550) Juan de Rojas Sarmiento (XVI sec.) diede la prima descrizione accurata del nuovo strumento che da allora in avanti divenne noto come astrolabio universale Rojas. Come nell'astrolabio universale di al-Zarqâlî, anche nell'astrolabio Rojas la rete è sostituita da un'alidada graduata dotata di un cursore perpendicolare graduato.

Astrolabio nautico
Astrolabio nautico

Sebbene lo richiami nel nome, l'astrolabio nautico ha scarsa affinità con l'astrolabio piano; ne condivide, accanto alla forma complessiva, solo la madre dal lembo graduato, l'anello di sostegno e l'alidada. L'astrolabio nautico non era infatti usato nel calcolo astronomico, ma per misurare la distanza zenitale del Sole o di una stella – in particolare della Polare – nel momento del transito al meridiano. Conoscendo la declinazione (distanza dall'equatore celeste) dell'astro osservato in quel dato giorno, il navigatore era in grado di calcolare, per somma o sottrazione, la latitudine toccata dalla nave.

Per agevolare l'osservazione in condizioni atmosferiche avverse, la madre dell'astrolabio nautico, realizzata in bronzo, era spessa, pesante e ampiamente traforata. Il peso manteneva lo strumento perpendicolare al suolo nonostante il beccheggio e il rollio della nave; il traforo evitava invece che, in presenza di vento forte, lo strumento facesse vela e oscillasse nelle mani dell'osservatore impedendogli di puntare stabilmente l'astro prescelto.

Dapprima presente pressoché su tutti i grandi vascelli (specialmente spagnoli) dal XV al XVII secolo, l'astrolabio nautico cedette terreno a strumenti più maneggevoli e precisi: dapprima alla balestriglia (o cross-staff), poi all'ottante (o back-staff) e infine al moderno sestante nautico.