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Approfondimento
Telescopio (cannocchiale)
Telescopio (cannocchiale)

La parola cannocchiale sintetizza due termini: cannone, con cui si indicava in maniera generica un tubo utilizzato dalle vedette per circoscrivere il campo visivo, e occhiale. Lo strumento è talvolta denominato tubo ottico. I primi cannocchiali presentavano due lenti alle estremità del tubo: la lente obiettiva (obiettivo), rivolta verso l'oggetto da osservare e la lente oculare o più semplicemente oculare vicina all'occhio. I cannocchiali, specialmente se di grandi dimensioni o se dotati di complessi sistemi ottici, prendono anche il nome di telescopi, dal greco tēle [lontano] e scopeo [vedo]. Il termine telescopio fu coniato nel 1611 dal principe Federico Cesi (1585-1630), fondatore dell'Accademia dei Lincei. I telescopi si dividono in diottrici (detti anche a rifrazione) e cataottrici o catottrici (detti anche a riflessione).

Telescopio a rifrazione o rifrattore
Telescopio a rifrazione o rifrattore

Il cannocchiale è detto a rifrazione o rifrattore quando il sistema rivolto verso l'oggetto, cioè l'obiettivo, è costituito da lenti. Di questo tipo sono i cannocchiali più antichi: oltre a quelli di Galileo (1564-1642), gli strumenti di Torricelli (1608-1647), Campani (1635-1715), Divini (1610-1685), ecc. Venne progressivamente perfezionato per aumentarne la potenza e per attenuare gli effetti dell'aberrazione cromatica. Ne furono costruiti esemplari di enorme lunghezza. L'impiego di questo tipo di cannocchiale nelle osservazioni astronomiche cessò con l'invenzione del cannocchiale a riflessione; seguitò invece ad essere usato nelle osservazioni terrestri. I cannocchiali a rifrazione si distinguono tradizionalmente in: cannocchiale galileiano, cannocchiale astronomico, cannocchiale terrestre.

Telescopio galileiano
Telescopio galileiano

È caratterizzato dal fatto di utilizzare un oculare di potenza ottica negativa, ovvero divergente. Nella sua forma più semplice, è costituito da due sole lenti: la lente obiettiva, piano-convessa o biconvessa, e la lente oculare, piano-concava o biconcava. La distanza tra le due lenti è uguale alla differenza tra i valori assoluti delle loro focali, e l'ingrandimento è dato dal rapporto tra la lunghezza focale dell'obiettivo e quella dell'oculare. Il vantaggio del cannocchiale galileiano è rappresentato dal fatto di fornire un'immagine diritta senza ricorrere ad un gruppo erettore. Per contro, questo tipo di configurazione ha un campo visivo estremamente ridotto (peraltro, nel galileiano, diaframmando l'obiettivo, non solo se ne diminuisce la luminosità, ma si restringe anche il campo), la cui illuminazione, tutt'altro che uniforme, degrada progressivamente dal centro verso il bordo. Inoltre, il che ha contribuito a decretarne il rapido abbandono in campo astronomico, esso non consente l'applicazione sul piano focale di un micrometro, cioè di un dispositivo che permetta di determinare la grandezza angolare degli oggetti osservati. Il cannocchiale galileiano – che deve il suo nome a Galileo, il quale, pur non essendone l'inventore, ne realizzò per primo esemplari di potenza tale da consentirgli di compiere le sue celeberrime scoperte astronomiche – è detto anche, soprattutto nella letteratura anglosassone, olandese (dutch), denominazione che richiama del resto quella di tubo olandico, con la quale in origine era talvolta indicato questo tipo di strumento. Per i gravi limiti sopra descritti, questa configurazione ottica, salvo rarissime eccezioni, venne abbandonata, nell'uso astronomico, già prima della metà del XVII secolo. Tuttavia, fino all'avvento di quelli prismatici, essa trovò applicazione nella realizzazione di binocoli, utilizzando però, per ridurre le notevoli aberrazioni da cui è affetta la configurazione a due sole lenti, obiettivi acromatici e oculari compositi, e superando raramente i 5 ingrandimenti per non limitare eccessivamente l'ampiezza del campo visivo. I modelli più sofisticati avevano un obiettivo costituito addirittura da un tripletto incollato e da un oculare, anch'esso costituito da tre elementi incollati (una lente biconvessa posta tra due biconcave), di potenza ottica complessiva negativa. Oggi il cannocchiale galileiano trova applicazione esclusivamente nei binocoli da teatro economici (con aperture di 30-40 mm e potenze di 3-4 ingrandimenti), e nei mirini di alcune macchine fotografiche.

Telescopio kepleriano
Telescopio kepleriano

È caratterizzato dal fatto di utilizzare un oculare di potenza ottica positiva, ovvero convergente. Nella sua forma più semplice, è costituito da due sole lenti, piano-convesse o biconvesse, una con funzione di obiettivo e l'altra con funzione di oculare. In sintesi, quest'ultima funge da lente di ingrandimento che ingrandisce l'immagine (reale) formata dall'obiettivo. La distanza tra le due lenti è uguale alla somma delle loro focali, e l'ingrandimento è dato dal rapporto tra la lunghezza focale dell'obiettivo e quella dell'oculare. Il cannocchiale astronomico fornisce immagini rovesciate, ovvero invertite nel senso alto-basso. Questo inconveniente, peraltro eliminabile con l'adozione di un erettore, è tuttavia largamente compensato da un campo visivo assai maggiore e più uniformemente illuminato di quello fornito dal cannocchiale galileiano. Inoltre, a differenza di quest'ultimo, esso consente l'applicazione, sul piano focale, di un micrometro, cioè di un dispositivo che permette di determinare la grandezza angolare degli oggetti osservati. L'attributo «astronomico», che connota lo strumento, deriva dal fatto che esso trovò largo impiego nell'osservazione astronomica, dove l'inversione dell'immagine non rappresenta un inconveniente significativo, sostituendosi totalmente al galileiano sin dalla metà del XVII secolo. Lo strumento è altresì detto «kepleriano» in quanto questa configurazione fu descritta per la prima volta da Johannes Kepler (1571-1630) nel suo Dioptrice, edito a Praga nel 1611. Nell'uso comune, entrambe le denominazioni sono invero desuete. Al giorno d'oggi infatti pressoché tutti i cannocchiali sono dotati di oculari convergenti, cui, per l'uso terrestre, è abbinato un erettore che raddrizza l'immagine; di norma, perciò, si usa specificarne la tipologia dello strumento solo nei rari casi in cui (ad esempio in alcuni binocoli da teatro) si tratti di un galileiano.

Telescopio terrestre
Telescopio terrestre

Telescopio astronomico ovvero kepleriano, cioè con oculare di potenza ottica positiva, che, essendo destinato all'osservazione di oggetti terrestri, è munito di un erettore onde ottenere immagini diritte.

Telescopio a riflessione o riflettore

Prima dell'introduzione degli obiettivi acromatici, i cannocchiali con l'obiettivo costituito da una singola lente erano fortemente affetti da aberrazione cromatica. Per ovviare a questo inconveniente, dopo alcuni tentativi teorici principalmente ad opera di Marin Mersenne (Harmonie Universelle, Parigi, 1636), vari autori, sin dagli anni '60 del XVII secolo, pensarono di ricorrere all'impiego di specchi. Adottando infatti superfici riflettenti, i raggi luminosi non subiscono rifrazioni e le immagini che esse producono sono quindi prive di aberrazione cromatica. Inoltre, scegliendo opportunamente la forma delle superfici impiegate, è possibile eliminare anche le aberrazioni geometriche e fornire così immagini otticamente corrette. I telescopi a riflessione, detti anche riflettori, utilizzano per obiettivo uno specchio concavo (per poter formare un'immagine reale, l'obiettivo di qualunque strumento ottico deve sempre essere convergente e gli specchi convessi sono divergenti), detto primario, e uno o più specchi di dimensioni minori e di forma opportuna, detti secondari. I tipi più diffusi di riflettore adottano un primario a sezione parabolica che, essendo privo di aberrazione sferica e delle altre aberrazioni geometriche, fornisce immagini cromaticamente e geometricamente perfette.

Telescopio newtoniano
Telescopio newtoniano

Telescopio a riflessione che prende il nome dal suo ideatore Isaac Newton (1643-1727) che lo realizzò nel 1668 (un secondo esemplare, tutt'oggi esistente, fu presentato alla Royal Society nel 1672). Il telescopio newtoniano è costituito da uno specchio primario parabolico, con funzione di obiettivo, e da un piccolo specchio piano di forma ellittica situato sull'asse ottico e inclinato di 45° rispetto a questo. La funzione del secondario – che, essendo piano, non modifica la lunghezza focale del parabolico – è semplicemente quella di deviare lateralmente l'immagine impedendo così che l'osservatore si frapponga tra l'oggetto e lo specchio primario. Negli strumenti newtoniani l'oculare è quindi situato in prossimità dell'estremità superiore del tubo. Lo specchio secondario maschera la parte centrale del parabolico, ma ciò non influenza in maniera significativa la qualità dell'immagine purché le sue dimensioni, che aumentano all'aumentare dell'apertura relativa, non superino circa 1/3 di quelle del primario, valore al di là del quale le immagini perdono di incisività. Prima dell'introduzione dell'argentatura, la bassissima riflettanza (~ 60%) degli specchi indusse alcuni costruttori ad impiegare come elemento deviatore un piccolo prisma retto (sebbene introduca una lieve aberrazione cromatica) in luogo del secondario ellittico. Un esempio di questa soluzione è offerto dal newtoniano del livornese Tito Gonnella (1794-?) esposto nella sala XI.

Telescopio gregoriano
Telescopio gregoriano

Telescopio a riflessione che prende il nome dal suo ideatore, lo scozzese James Gregory (1638-1675), che lo descrisse negli Optica Promota (Londra, 1663). Il telescopio gregoriano è costituito da uno specchio primario parabolico, con funzione di obiettivo, e da un secondario concavo a sezione ellittica situato sull'asse ottico oltre il fuoco del primario (per l'esattezza ad una distanza di poco superiore alla somma delle distanze focali dei due specchi). Nel telescopio gregoriano, al pari del telescopio Cassegrain, l'immagine si forma dietro lo specchio parabolico, opportunamente forato, e l'oculare si trova perciò sulla culatta dello strumento. Il telescopio gregoriano ha la particolarità di fornire un'immagine diritta e può quindi essere utilizzato anche per osservazioni terrestri senza l'ausilio di un erettore. Per tale motivo questa combinazione, oggi del tutto abbandonata, conobbe attorno alla metà del XVIII secolo, prima dell'introduzione dei cannocchiali acromatici, un periodo di grande diffusione. Celebri, ad esempio, i gregoriani opera dell'ottico inglese James Short (1710-1768) che ne costruì svariate centinaia tra cui un esemplare, per l'epoca enorme, di 18 pollici di apertura e 12 piedi di focale.

Telescopio Cassegrain
Telescopio Cassegrain

Telescopio a riflessione che prende il nome dall'ideatore, il francese Laurent Cassegrain, che ne propose lo schema agli inizi del 1672. Il telescopio Cassegrain è costituito da uno specchio primario parabolico, con funzione di obiettivo, e da un secondario convesso a sezione iperbolica situato sull'asse ottico poco prima del fuoco del primario. Nel telescopio Cassegrain, al pari del telescopio gregoriano, l'immagine si forma dietro lo specchio parabolico, opportunamente forato, e l'oculare si trova perciò sulla culatta dello strumento. Il secondario iperbolico modifica la divergenza dei raggi luminosi provenienti dal primario moltiplicandone così la focale. Per questo motivo la combinazione Cassegrain, tutt'oggi molto diffusa, presenta il vantaggio di ottenere lunghe focali equivalenti, e quindi forti ingrandimenti, con tubi relativamente corti e compatti.

Telescopio herscheliano
Telescopio herscheliano

Si tratta di una combinazione ottica che prende il nome dal celebre astronomo William Herschel (1738-1822) – scopritore fra l'altro, nel 1781, del pianeta Urano – che la adoperò nella realizzazione dei suoi, per l'epoca enormi, telescopi. Il telescopio herscheliano è costituito semplicemente da uno specchio parabolico inclinato rispetto all'asse ottico in modo da formare l'immagine lateralmente, in prossimità della sommità del tubo, dove si trova l'osservatore. In altri termini, quello herscheliano altro non è che un telescopio newtoniano privo dello specchietto deviatore. Prima dell'introduzione dell'argentatura, infatti, la riflettanza degli specchi realizzati in fusione di metallo (speculum) era estremamente bassa (~ 60%), e ciò indusse Herschel ad eliminare ogni ulteriore superficie riflettente. Poiché lo specchio parabolico lavora fuori asse, l'immagine è affetta da aberrazioni geometriche. Tuttavia per focali relativamente lunghe (1/10 ¸ 1/20), quali quelle adoperate da Herschel, esse risultavano trascurabili e compensavano largamente il drastico abbattimento di luminosità che l'introduzione di un secondo specchio avrebbe generato.

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